La nuova architettura

La nuova architettura

“LA NUOVA ARCHITETTURA” viene pubblicato da Enrico Prampolini su “La nuova architettura” a cura di Luigi Colombo FILLIA, edito da Hoepli nel 1931, contenente scritti di Marinetti, Diulgheroff, Sartoris, Le Corbusier, Gropius ed altri.
“THE NEW ARCHITECTURE” was published by Enrico Prampolini in “The new architecture” by Luigi Colombo FILLIA in 1931 (Hoepli Editor), containing writings by Marinetti, Diulgheroff, Sartoris, Le Corbusier, Gropius and others.


Architettura, parola magica che svela fisionomia dei tempi ed esalta i caratteri di una razza. Parola che oggi acquista un valore più universale poiché vibra potenzialmente nell’atmosfera evolutiva delle arti e riassume in sintesi la volontà intima dello spiritualismo contemporaneo magnetizzato e orientato verso queste forze ascensionali disciplinate dal “Cosmos architettonico”.
L’importanza che assume così l’architettura, nella vita dello spirito di un popolo, è rilevantissima, inquantoché, non investe soltanto i problemi tecnici della costruzione, o l’espressione stilistica di questa, ma coinvolge egualmente i problemi immanenti del dinamismo della vita quotidiana, in relazione ai problemi trascendenti della realtà formale-architettonica, contemplando ed esaltando le necessità etniche e le ragioni etiche di ciascun popolo nel tempo e nello spazio.
Perciò quindi noi vediamo come ogni stile trovi la sua origine nello spirito del suo tempo, come ogni rapporto della coscienza umana s’identitichi con l’universo stesso.
Noi futuristi, magici e istintivi, profeti di ogni moto universale dello spirito, creatori e costruttori della nuova sensibilità artistica, abbiamo procreato questa tendenza spirituale verso l’architettura, volgendo il nostro attivismo estetico intorno alla concezione dell’unità cosmica di cui l’architettura ne è l’esponente plastico.
La città futurista, non è un sogno per noi futuristi, ma è un richiamo stilistico ed immanente del dinamismo della vita contemporanea che attende imperiosamente la propria espressione architettonica.
La concezione architettonica futurista si può riassumere con due termini espressivi: lirismo e dinamismo, che hanno caratterizzato l’avvento dell’estetica futurista.
La visione lirica dell’idea architettonica, trova nel dinamismo plastico, l’equivalente stilistico.
La vita è evoluzione, movimento, l’arte futurista è lo stile del movimento, l’architettura futurista è quindi lo stile del movimento materiato nello spazio. Di conseguenza l’architettura futurista, non va riguardata solamente come un ulteriore sviluppo dell’evoluzione dell’estetica dell’architettura, verso un adattamento puramente stilistico, quanto ad una visione spirituale del mondo moderno e delle nuove forze che in esso si scatenano in potenza.
Il dominio dell’aria e della velocità hanno arricchito la nostra sensibilità di nuovi valori emotivi, di nuove possibilità estetiche. Il regno della macchina ci ha spalancato nuovi orizzonti stilistici, poiché ignoti paesaggi meccanici si sono dischiusi ai nostri occhi scrutatori dell’al di là, abbeverati alle vive fonti dell’infinito.
Poemi di forme in libertà lanciate nello spazio insaziabile – archi e volte serrate in competizione con l’azzurro infinito – tettoie-ventagli protesi verso gli orizzonti sagomati dalle nuove individualità architettoniche, – migliala di occhi rettangolari e multiformi spalancati nell’universo, spettatori e interpreti del diuturno dinamismo umano, distribuiti su piani verticali e orizzontali fra poderose ossature plastiche semoventi.
Raggiere metalliche e reti d’acciaio aperte sul mondo atmosferico in attesa d’arrestare ritmicamente il moto della vita quotidiana, animata da velocissime ferrovie aeree e verticalissimi ascensori irrequieti. Altimetrie di terrazze offerte all’irraggiungibile azzurro terrestre, e poi simultaneità di sagome plastiche intelaiate parabolicamente, tessono il dramma plastico dello spazio.
Poesia o architettura? Immagine lirica o analogia architettonica?
Niente di tutto questo, ma semplicemente e puramente architettura. Maravigliosa e fertile visione creatrice dell’architettura futurista che gettando nell’oblìo i simulacri del passato, attenta la vita alle costellazioni per innalzare le poderose fabbriche delle città futuriste, centrali esplosive dell’avvenire.
Noi futuristi, pur riconoscendo l’altissima importanza delle nuove realtà architettoniche innalzate audacemente fra le vie di Bruxelles, di Rotterdam, di Praga, di Berlino e di Parigi (è da notarsi con piacere la strada cubista dell’architetto Mallet-Stevens a Parigi, la cité ouvrière di Corbusier a Bordeaux, l’apparizione delle architetture futuriste costruite dall’architetto belga Victor Bourgeois nella Rue de Cubisme a Koelkesberg nel Belgio) abbiamo sempre reagito, con la nostra inesauribile fantasia creatrice ad ogni atteggiamento collettivista, per il trionfo del singolo e così per l’architettura, come nell’arte, noi difendiamo l’unità contro la collettività, la forma compiuta contro il frammento. Questa identificazione dell’io soggettivo, con l’io oggettivo, dello spirito con la forma, restano pur sempre i principi inalienabili su cui s’impernia l’opera della creazione umana nelle proprie conseguenti manifestazioni.
Questi i termini propulsori che animano l’idea informatrice dell’architettura futurista.
Domani, forse anche oggi quando la fluttuante borghesia intellettuale sarà spazzata via dal mercato quotidiano, e potremo respirare a pieni polmoni l’atmosfera della nuova sensibilità futurista, il mondo sarà una grande centrale futurista elettrizzata dalle poliedriche architetture dinamiche a colloquio con gli astri.

Enrico Prampolini