Valerio Benuzzi

Valerio Benuzzi

Valerio Benuzzi nacque a Trento il 30 novembre 1892. Iscritto dal 1913 all’Istituto di Studi Superiori, iniziando come un adepto di Giovanni Papini, si legò al movimento futurista che gravitava attorno alla rivista «Lacerba». 

In assenza di ulteriori informazioni biografiche, riportiamo l’articolo pubblicato dal Corriere del Trentino (3 feb 2017) e firmato da tale Boschi.

Chi era veramente Valerio Benuzzi, fu Emilio, nato a Trento il 30 novembre 1892? I documenti decriptati dalla Cia, anche i più recenti, forniscono nuovi dettagli ma non aiutano a chiarire la figura di uno degli agenti dei servizi segreti italiani dalla carriera più lunga, tormentata e complessa. Tra i file dell’agenzia di intelligence statunitense compare un lungo curriculum, probabilmente «dettato» dallo stesso Benuzzi, che fornisce numerose informazioni ma non chiarisce il quadro complessivo. Le informazioni anagrafiche sono comunque precise: «Nato nel 1892 da padre trentino e madre viennese, visse a Vienna dal 1893 al 1908, compì gli studi classici a Rovereto e ivi prese la licenza liceale». Poi gli studi universitari a Firenze e, allo scoppio della Prima guerra mondiale, utilizzò il suo ruolo di addetto alla censura militare austriaca per fornire «un intenso e prezioso servizio informativo per l’Italia e per gli Alleati».

Nel curriculum citato — non proprio obiettivo — si legge che fu Benuzzi «a fornire, con un mese di anticipo, la notizia dell’offensiva in Trentino del 1916», ma l’attività di informatore cessò bruscamente quando venne arrestato dagli austriaci. Le questioni più controverse, però, iniziano con il fascismo.
A Benuzzi come agente dell’Ovra (la polizia segreta fascista) Mauro Canali dedica numerose pagine del suo Le spie del regime (Il Mulino). Tra queste, si legge: «Nell’estate del 1925, divenne corrispondente da Roma del Chicago Tribune, e quindi dell’ Alpenzeitung di Bolzano, iniziando nel contempo a collaborare con la rete informativa del Conte Capasso Torre, capo dell’ufficio stampa di Mussolini».
Una collaborazione che, però, si interruppe bruscamente: «Nel novembre 1926, Benuzzi venne arrestato e assegnato al confino di polizia per cinque anni perché millantatore e venditore fumo, ma la condanna venne poi commutata».

In effetti, nel giugno del 1928: «Venne inviato a Vienna con l’incarico di allestire una rete informativa che estendesse le sua articolazioni fino alla Jugoslavia e all’Ungheria». Fu in questo periodo che Benuzzi finì per «farsi un nome». Come scrive Cavalli: «Egli è importante nella storia del sistema repressivo fascista non solo perché abile fiduciario, ma anche per la sua grande capacità di reclutare ottimi fiduciari. Fu lui ad avviare molti dei migliori elementi della rete fiduciaria fascista all’attività delatoria».

Negli anni Trenta, iniziò a collaborare con il controspionaggio ma finì per farsi nemici importanti, tra questi, il capo della polizia Arturo Bocchini che, stando alle parole di Canali «alla prima occasione se ne liberò». Morale della favola, nel giugno 1937 Benuzzi venne arrestato e assegnato nuovamente al confino.
Stando ai documenti dei servizi statunitensi, però, negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, Benuzzi avrebbe iniziato a collaborare con i nazisti. A dire il vero, nel periodo 1943-45, l’attività di Benuzzi si fa nebulosissima. Che abbia agganci tra i nazisti di stanza a Milano pare sia assodato ma tra traffici economici» di vario genere, (un documento della Cia è piuttosto preciso al riguardo), infiltrazioni e «doppio gioco» è davvero complicato farsi un’idea precisa. Andrea Vento, nella sua storia dei servizi segreti italiani intitolata: «In silenzio gioite e soffrite», scrive: «Nel 1943-45 è al servizio di Guido Buffarini Guidi come interprete dal tedesco. È inoltre attivo quale informatore a Napoli, Milano e Torino dove infiltra ancora una volta reti comuniste. Nelle ultime fasi del conflitto facilita i rapporti del vertice Fiat con la resistenza comunista. All’indomani della guerra è informatore della Cia con il criptonimo di Deodar I».

A complicare ulteriormente le cose c’è una nota informativa della divisione Affari Riservati, datata gennaio 1958, in cui si legge:
«Dopo l’8 settembre 1943 prestò la sua opera di informatore alle dipendenze della Repubblica di Salò. Sottoposto, nel 1947, a procedimento penale davanti alla Corte speciale di assise di Roma per collaborazionismo, venne assolto perché il fatto non costituiva reato. Dal dispositivo di sentenza rilevasi che durante il periodo nazifascista, il Benuzzi svolse opera altamente meritoria che gli valse la viva riconoscenza di qualificati esponenti del Clnai, di mons. Bicchierai e del prof. Valletta, il quale ebbe a dichiarare che il Benuzzi, servendosi delle sue relazioni nel campo avversario, aveva evitato la distruzione degli impianti industriali della Fiat. Il Benuzzi conosce molto bene l’ambiente altoatesino, per cui si ritiene possa essere utilizzato durante la campagna elettorale».

Le ultime notizie reperite risalgono, invece, ad un anno più tardi, quando Monsignor Giuseppe Bicchierai scrive al presidente del Consiglio Antonio Segni: «Per perorare la causa di Valerio Benuzzi che lavorò per lungo tempo al servizio della polizia come informatore e che si trova in una tristissima situazione».


UNA POESIA DI VALERIO BENUZZI

Pendulo luccichio di cristalli —
dolci soffocamenti di luci prepotenti —
tepide, uguali docce di fluido luminoso.
Tintinni….Acciottolii….
Ritmi lenti dei tronchi umani….
Cachinni monchi, soffocati….
Guizzi neri di camerieri….
Tavolini. Aiole di persone….
<< FIVE O’ CLOCK >>