musica-futurista

L’arte dei rumori

11 marzo 1913 – L’arte dei rumori
Luigi Russolo, Milano, Caro Balilla Pratella, grande musicista futurista.

A Roma, nel Teatro Costanzi affollatissimo, mentre coi miei amici futuristi Marinetti, Boccioni, Carrà, Balla, Soffici, Papini, Cavacchioli, ascoltavo l’esecuzione orchestrale della tua travolgente Musica futurista.mi apparve alla mente una nuova arte che tu solo puoi creare: l’Arte dei Rumori, logica conseguenza delle tue meravigliose innovazioni. La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesirno secolo, coll’invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini. Per molti secoli la vita si svolse in silenzio, o, per lo più, in sordina. I rumori più forti che interrompevano questo silenzio non erano nè intensi, né prolungati, né variati. Poiché, se trascuriamo gli eccezionali movimenti tellurici, gli uragani, le tempeste, le valanghe e le cascate, la natura e silenziosa.

In questa scarsità di rumori, i primi suoni che l’uomo poté trarre da una canna forata o da una corda tesa, stupirono come cose nuove e mirabili. Il suono fu dai popoli primitivi attribuito agli dèi, considerato come sacro e riservato ai sacerdoti, che se ne servirono per arricchire di mistero i loro riti. Nacque così la concezione del suono come cosa a sé, diversa e indipendente dalla vita, e ne risultò la musica, mondo fantastico sovrapposto al reale, mondo inviolabile e sacro. Si comprende facilmente come una simile concezione della musica dovesse necessariamente rallentarne il progresso, a paragone delle altre arti. I Greci stessi, con la loro teoria musicale matematicamente sistemata da Pitagora, e in base alla quale era ammesso soltanto l’uso di pochi intervalli consonanti, hanno molto limitato il campo della musica, rendendo così impossibile l’armonia, che ignoravano.

Il Medio Evo, con gli sviluppi e le modificazioni del sistema greco del tetracordo, col canto gregoriano e coi canti popolari, arricchì l’arte musicale, ma continuò a considerare il suono nel suo svolgersi nel tempo, concezione ristretta che durò per parecchi secoli e che ritroviamo ancora nelle più complicate polifonie dei contrappuntisti fiamminghi. Non esisteva l’accordo; lo sviluppo delle parti diverse non era subordinato all’accordo che queste parti potevano produrre nel loro insieme; la concezione, infine, di queste parti era orizzontale, non verticale. Il desiderio, la ricerca e il gusto per l’unione simultanea dei diversi suoni, cioè per l’accordo (suono complesso) si manifestarono gradatamente, passando dall’accordo perfetto assonante e con poche dissonanze di passaggio alle complicate e persistenti dissonanze che caratterizzano la musica contemporanea.

L’arte musicale ricercò ed ottenne dapprima la purezza, la limpidezza e la dolcezza del suono, indi amalgamò suoni diversi, preoccupandosi però di accarezzare l’orecchio con soavi armonie. Oggi l’arte musicale, complicandosi sempre più, ricerca gli amalgami di suoni più dissonanti, più strani e più aspri per l’oreccbio. Ci avviciniamo così sempre più al suono-rumore.

Questa evoluzione delta musica è parallela al moltiplicarsi delle macchine, che collaborano dovunque coll’uomo. Non soltanto nelle atmosfere fragorose delle grandi città, ma anche nelle campagne, che furono fino a ieri normalmente silenziose, la macchina ha oggi creato tanta varietà e concorrenza di rumori, che il suono puro, nella sua esiguità e monotonia, non suscita più emozione. Per eccitare ed esaltare la nostra sensibilità, la musica andò sviluppandosi verso la più complessa polifonia e verso la maggior varietà di timbri o coloriti strumentali, ricercando le più complicate successioni di accordi dissonanti e preparando vagamente la creazione del rumore musicale. Questa evoluzione verso il “suono rumore” non era possibile prima d’ora. L’orecchio di un uomo del settecento non avrebbe potuto sopportare l’intensità disarmonica di certi accordi prodotti dalle nostre orecchie(triplicate nel numero degli esecutori rispetto a quelle di allora). Il nostro orecchio invece se ne compiace, poiché fu già educato dalla vita moderna, così prodiga di rumori svariati. Il nostro orecchio però se ne accontenta, e reclama più ampie emozioni acustiche. D’altra parte, il suono musicale è troppo limitato nella varietà qualitativa dei timbri. Le più complicate orchestre si riducono a quattro o cinque classi di strumenti ad arco, a pizzico, a fiato in metallo, a fiato in legno, a percussione. Cosicché la musica moderna si dibatte in questo piccolo cerchio, sforzandosi vanamente di creare nuove varietà di timbri. Bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita dei “suoni-rumori”.

Ognuno riconoscerà d’altronde che ogni suono porta con sé un viluppo di sensazioni già note e sciupate, che predispongono l’ascoltatore alla noia, malgrado gli sforzi di tutti i musicisti novatori. Noi futuristi abbiamo tutti profondamente amato e gustato le armonie dei grandi maestri. Beethoven e Wagner ci hanno squassato i nervi e il cuore per molti anni. Ora ne siamo sazi e godiamo molto più nel combinare idealmente dei rumori di tram, di motori a scoppio, di carrozze e di folle vocianti, che nel riudire, per esempio, l'”Eroica” o là “Pastorale”. Non possiamo vedere quell’enorme apparato di forze che rappresenta un’orchestra moderna senza provare la più profonda delusione davanti ai suoi meschini risultati acustici. Conoscete voi spettacolo più ridicolo di venti uomini che s’accaniscono a raddoppiare il miagolìo di un violino? Tutto ciò farà naturalmente strillare i musicomani e risveglierà forse l’atmosfera assonnata delle sale di concerti. Entriamo insieme, da futuristi, in uno di questi ospedali di suoni anemici. Ecco: la prima battuta vi reca subito all’orecchio la noia del già udito e vi fa pregustare la noia della battuta che seguirà. Centelliniamo così, di battuta in battuta, due o tre qualità di noie schiette aspettando sempre la sensazione straordinaria che non viene mai. Intanto si opera una miscela ripugnante formata dalla monotonia delle sensazioni e dalla cretinesca commozione religiosa degli ascoltatori buddisticamente ebbri di ripetere per la millesima volta la loro estasi più o meno snobbbistica ed imparata. Via! Usciamo, poiché non potremmo a lungo frenare in noi il desiderio di creare finalmente una nuova realtà musicale, con un ampia di ceffoni sonori, saltando a piè pari violini, pianoforti, contrabbassi ed organi gemebondi. Usciamo! Non si potrà obbiettare che il rumore sia soltanto forte e sgradevole all’orecchio. Mi sembra inutile enumerare tutti i rumori tenui e delicati, che dànno sensazioni acustiche piacevoli. Per convincersi poi della varietà sorprendente dei rumori, basta pensare al rombo del tuono, ai sibili del vento, allo scrosciare di una cascata, al gorgogliare d’un ruscello, ai fruscii delle foglie, al trotto d’un cavallo che s’allontana, ai sussulti traballanti d’un carro sul selciato e alla respirazione ampia, solenne e bianca di una città notturna, a tutti i rumori che fanno le belve e gli animali domestici. e a tutti quelli che può fare la bocca dell’uomo senza parlare o cantare.

Attraversiamo una grande capitale moderna, con le orecchie più attente che gli occhi, e godremo nel distinguere i risucchi d’acqua, d’aria odi gas nei tubi metallici, il borbottio dei motori che fiatano e pulsano con una indiscutibile animalità, il palpitare delle valvole, l’andirivieni degli stantuffi, gli stridori delle seghe meccaniche, i balzi dei tram sulle rotaie, lo schioccar delle fruste, il garrire delle tende e delle bandiere. Ci divertiremo ad orchestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche dei negozi, le porte sbatacchianti, il brusio e lo scalpiccìo delle folle, i diversi frastuoni delle stazioni, delle ferriere, delle filande, delle tipografie, delle centrali elettriche e delle ferrovie sotterranee.

Né bisogna dimenticare i rumori nuovissimi della guerra moderna. Recentemente il poeta Marinetti, in una sua lettera dalle trincee bulgare di Adrianopoli, mi descriveva con mirabile stile futurista l’orchestra di una grande battaglia:

”Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare spazio con un accordo TAM-TUUMB ammutinamento di 500 echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all’infinito. Nel centro di quei TAM-TUUMB spiaccicati ampiezza 50 chilometri quadrati balzare scoppi tagli pugni batterie a tiro rapido Violenza ferocia regolarità questo basso grave scandere gli strani folli agitatissimi acuti della battaglia Furia affanno orecchie occhi narici aperti! attenti! forza! che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizzarie salti altezza 200 metri della fucileria Giù giù in fondo all’orchestra stagni diguazzare buoi bufali pungoli carri pluff plaff impennarsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack ilari nitriti ììììì…. scalpicii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc-craaac (lento due tempi) Sciumi Maritza o Karvavena croooc-craaac grida degli ufficiali sbatacchiare come piatti d’ottone pan di qua paack di là cing BUUM cing ciak (presto) ciaciacia-ciaciaak su giù là là intorno in alto attenzione sulla testa ciaack bello! Vampe vampe vampe vampe vampe vampe ribalta dei forti laggiù dietro quel fumo Sciukri Pascià comunica te/efonicamente con 27 forti in turco in tedesco allò! Ibrahim! Rudolf! allò allò! attori ruoli echi suggeritori scenari di fumo foreste applausi odore di fieno fango sterco non sento più i miei piedi gelati odore di salnitro odore di marcio Timpani flauti clarini dovunque basso alto uccelli cinguettare beatitudine ombrie cip-cip-cip brezza verde mandre don-dan-don-din-bèéè Orchestra i pazzi bastonano i professori d’orchestra questi bastonatissimi suonare suonare Grandi fragori non cancellare precisare ritagliandoti rumori più piccoli minutissimi rottami di echi nel teatro ampiezza 300 chilometri quadrati Fiumi Maritza Tungia sdraiati Monti Ròdopi ritti alture palchi loggione 20.000 shapnels sbracciarsi esplodere fazzoletti bianchissimi pieni d’oro TUM- TUMB 20 000 granate protese strappare con schianti capigliature nerissime ZANG-TUMB-ZANG-TUMB-TUUMB l’orchestra dei rumori di guerra gonfiarsi sotto una nota di silenzio tenuta nell’alto cielo pallone sferico dorato che sorveglia i tiri”.

Noi vogliamo intonare e regolare armonicamente e ritmicamente questi svariatissimi rumori .Intonare i rumori non vuol dire togliere ad essi tutti i movimenti e le vibrazioni irregolari di tempo e d’intensità, ma bensì dare un grado o tono alla più forte e predominante di queste vibrazioni. Il rumore infatti si differenzia dal suono solo in quanto le vibrazioni che lo producono sono confuse ed irregolari, sia nel tempo che nella intensità. Ogni rumore ha un tono, talora anche un accordo che predomina nell’insieme delle sue vibrazioni irregolari. Ora, da questo caratteristico tono predominante deriva la possibilità pratica di intonarlo, di dare cioè ad un dato rumore non un solo tono ma una certa varietà di toni, senza perdere la sua caratteristica, voglio dire il timbro che lo distingue. Così alcuni rumori ottenuti con un movimento rotativo possono offrire un’intera scala cromatica ascendente o discendente, se si aumenta o diminuisce la velocità del movimento. Ogni manifestazione della nostra vita è accompagnata dal rumore. Il rumore è quindi famigliare al nostro orecchio, ed ha il potere di richiamarci immediatamente alla vita stessa.

Mentre il suono estraneo alla vita, sempre musicale, cosa a sé, elemento occasionale non necessario, è divenuto ormai per il nostro orecchio quello che all’occhio è un viso troppo noto, il rumore invece, giungendoci confuso e irregolare dalla confusione irregolare della vita, non si rivela mai interamente a noi e ci serba innumerevoli sorprese. Siamo certi dunque che scegliendo, coordinando e dominando tutti rumori, noi arricchiremo gli uomini di una nuova voluttà insospettata. Benché la caratteristica del rumore sia di richiama brutalmente alla vita, l’arte dei rumori non deve limitarsi ad una riproduzione imitativa. Essa attingerà la sua maggiore facoltà di emozione nel godimento acustico in se stesso, che l’ispirazione dell’artista saprà trarre dai rumori combinati.
Ecco le 6 famiglie di rumori dell’orchestra futurista che attueremo presto, meccanicamente:

1. – Rombi, Tuoni, Scoppi, Scrosci, Tonfi, Boati.
2. – Fischi, Sibili, Sbuffi.
3. – Bisbigli, Mormorii, Borbottii, Brusii, Gorgoglii.
4. – Stridori, Scricchiolii, Fruscii, Ronzìì, Crepitii, Stropiccìì.
5. – Rumori ottenuti a percussione su metalli, legni, pelli, pietre, terrecotte, ecc..
6. – Voci di animali e di uomini: Gridi, Strilli, Gemiti, Urla, Ululati, Risate, Rantoli, Singhiozzi.

In questo elenco abbiamo racchiuso i più caratteristici fra i rumori fondamentali; gli altri non sono che le associazioni e le combinazioni di questi. I movimenti ritmici di un rumore sono infiniti. Esiste sempre come per il tono, un ritmo predominante, ma attorno a questo altri numerosi ritmi secondari sono pure sensibili.

CONCLUSIONI:
1. – I musicisti futuristi devono allargare ed arricchire sempre di più il campo dei suoni.
Ciò risponde a un bisogno della nostra sensibilità. Notiamo infatti nei compositori geniali d’oggi una tendenza verso le più complicate dissonanze. Essi, allontanandosi sempre più dal suono puro, giungono quasi al suono-rumore. Questo bisogno e questa tendenza non potranno essere soddisfatti che coll’aggiunta e la sostituzione dei rumori ai suoni.
2. – I musicisti futuristi devono sostituire alla limitata varietà dei timbri degl’ istrumenti che l’orchestra possiede oggi, l’infinita varietà di timbri dei rumori, riprodotti con appositi meccanismi.
3. – Bisogna che la sensibilità del musicista, liberandosi dal ritmo facile e tradizionale, trovi nei rumori il modo di ampliarsi e rinnovarsi, dato che ogni rumore offre l’unione dei ritmi più diversi, oltre a quello predominante.
4. – Ogni rumore avendo nelle sue vibrazioni irregolari un tono generale predominante, si otterrà facilmente nella costruzione degli strumenti che lo imitano una varietà sufficientemente estesa di toni, semitoni e quarti di toni. Questa varietà di toni non toglierà a ogni singolo rumore le caratteristiche del suo timbro, ma ne amplierà solo la tessitura o estensione.
5. – Le diffiicoltà pratiche per la costruzione di questi strumenti non sono gravi. Trovato il principio meccanico che dà un rumore, si potrà mutarne il tono regolandosi sulle leggi generali dell’acustica. Si procederà per esempio con la diminuzione o l’aumento della velocità, se lo strumento avrà un movimento rotativo, e con una varietà di grandezza o di tensione delle parti sonore, se lo strumento non avrà movimento rotativo.
6. – Non sarà mediante una successione di rumori imitativi della vita, bensì mediante una fantastica associazione di questi timbri vari e di questi ritmi vari, che la nuova orchestra otterrà le più complesse e nuove emozioni sonore. Perciò ogni strumento dovrà offrire la possibilità di mutare o no, e dovrà avere una più o meno grande estensione.
7. – La varietà dei rumori è infinita. Se oggi, mentre noi possediamo forse mille macchine diverse, possiamo distinguere mille rumori diversi, domani, col moltiplicarsi di nuove macchine, potremo distinguere dieci, venti o trentamila rumori diversi, non da imitare semplicemente, ma da combinare secondo la nostra fantasia.
8. – Invitiamo dunque i giovani musicisti geniali e audaci ad osservare con attenzione continua tutti i rumori, per comprendere i vari ritmi che li compongono, il loro tono principale e quelli secondari. Paragonando poi i timbri vari dei rumori ai timbri dei suoni, si convinceranno di quanto i primi siano più numerosi dei secondi. Questo ci darà non solo la comprensione ma anche il gusto e la passione dei rumori.

La nostra sensibilità moltiplicata, dopo essersi conquistati degli occhi futuristi avrà finalmente delle orecchie futuriste. Così i motori e le macchine delle nostre città industriali potranno un giorno essere sapientemente intonati, in modo da fare di ogni officina una inebbriante orchestra di rumori. Caro Pratella, io sottopongo al tuo genio futurista queste mie constatazioni, invitandoti alla discussione. Non sono musicista: non ho dunque predilezioni acustiche, né opere da difendere. Sono un pittore futurista che proietta fuori di sé in un’arte molto amata la sua volontà di rinnovare tutto. Perciò più temerario di quanto potrebbe esserlo un musicista di professione, non preoccupandomi delle mia apparente incompetenza, e convinto che l’audacia abbia tutti i diritti e tutte le possibilità, ho potuto intuire il grande rinnovamento della musica mediante l’Arte dei Rumori.